I misteri del saio
Preti e mafiosi. Due ruoli che di natura dovrebbero essere irriducibili ed inconciliabili. Non è stato così nella Sicilia degli anni 50.Mazzarino era ed è un piccolo comune del nisseno, reso celebre per il suo convento, per il suo priore e per i fraticelli che invece di contrapporsi al potere delinquenziale denunciando le richieste ed i misfatti, piegarono molte vittime alla volontà dei malfattori. Pagate e nulla vi accadrà: era questo lo slogan dei conventuali. La loro prima vittima fu padre Costantino, il giorno del suo compleanno che, per sua sfortuna, aveva proprio deciso di festeggiarlo al convento di Mazzarino. A questi seguì il ricco possidente Angelo Cannada, freddato da colpi di fucile, proprio a due passi dalla sua residenza di campagna. Il malcapitato, nonostante numerose sollecitazioni, si era rifiutato di pagare. In seguito fu la volta del farmacista insieme ad altri notabili. I fraticelli pagarono il conto con la giustizia terrena (con quella ultraterrena non è dato saperlo!). Il processo iniziò nel 1962 e, tra mille coinvolgimenti, si allungò fino al 1964. In un primo momento furono assolti per lo stato di necessità, erano costretti, per arrecare minor danno alle vittime, a convincerli a pagare. La tesi processuale che voleva i monaci di Mazzarino a capo di un'associazione mafiosa dedita all'estorsione divise l'Italia tra innocentisti e colpevolisti. Per i difensori i frati non potevano sottrarsi allo spiacevole ruolo di emissari dei misteriosi criminali che imperversavano nel paese, anzi tennero un comportamento lodevole, quasi da eroi cristiani. Per l'accusa i francescani erano stati gli ideatori dei delitti, mossi da impulsi di avidità terreni.Alla fine, la Cassazione condannò Padre Venanzio, Padre Agrippino e Fra' Carmelo a 13 anni di carcere.
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