Il genio giapponese
L'epoca coloniale, quella tra XIX e XX secolo, oltre le sue ipocrisie civilizzatrici, ha messo in luce, paradossalmente, un'apertura di credito verso le culture "altre", che hanno finito per affascinare e influenzare l'Occidente, assai più, forse, di quanto i colonizzatori non abbiano potuto fare coi colonizzati. Il fascino dell'Oriente, sulla scorta anche delle Esposizioni universali, lasciò un segno decisivo sulla cultura francese a cavallo tra i due secoli. I tre saggi sul "genio giapponese" di Henri Focillon, qui tradotti per la prima volta e riuniti in volume, ne sono una eloquente testimonianza. Focillon comincia a dar forma definitiva al suo "marchio intellettuale", messo poi a frutto da allievi d'eccellenza (da Jurgis Baltrusaitis ad André Chastel, fino a George Kubler), che consiste nell'individuazione dei caratteri di uno "stile" affrancato dagli schematismi geografico-cronologici (l'idea di struttura mobile riferita a spazio, materia, spirito e tempo che Focillon svilupperà come teoria dell'arte nel libro "Vita delle forme"). Nel "Saggio sul genio giapponese" Focillon sfonda addirittura i confini della storia dell'arte delineando una sorta di utopia antropologica. Bisognava però fare i conti con una certa declinazione culturale del japonisme che aveva giocato un ruolo centrale nella cultura artistica europea... Introduzione di Andrea Beolchi.
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