L' Europa e dopo

L' Europa e dopo

Tra la fine degli anni '60 e i primi anni '70, mentre a Praga imperversava la dottrina Breznev e nel resto del mondo scoppiavano rivolte epocali, il filosofo clandestino Jan Patocka, inviso al regime, ma considerato uno degli spiriti più alti del suo Paese, al pari di Comenio e di Jan Masaryk, scrive in tedesco queste pagine sul destino dell'Europa. Pagine dense, febbrili, eppure attraversate da una lucidità e una serenità interiore impressionanti. Dal centro del mirino della polizia politica, che lo porterà alla morte, Patocka regala ai posteri un'analisi ontologica, politica, critica e morale di quella che chiama "era planetaria", cioè la nostra globalizzazione, come età del "dopo": dopo l'Europa, dopo l'egemonia delle sue lingue e del suo "spirito", in seguito all'affermarsi sempre più evidente, sempre meno resistibile, di altre lingue, di altri "spiriti". Emblematica, in questo senso, l'indagine che Patocka dedica alla Cina e al comunismo cinese come "cinesizzazione" della civiltà europea (più che come europeizzazione dello spirito cinese). L'elemento chiave della prospettiva patockiana è il tema socratico della "cura dell'anima", un tema molto attuale, se si pensa alle sue ultime riprese in pensatori come Giorgio Agamben o Peter Sloterdijk: cura dell'anima per lui significa progetto di vita, significa elaborare in modo esigente e radicale il problema dell'identità europea, senza concedere nulla a illusori particolarismi, a ideologie personali o politiche.
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