Le città senza tempo
L'amore per i cimiteri non sempre è indizio di indole morbosa. Più spesso è l'effetto di una prolungata riflessione sul senso del tempo e della vita. Dove va il passato, dove sono i suoi abitanti? Se a porsi questa domanda è uno speculativo Giano della letteratura contemporanea, il risultato è un'esperienza singolare travasata in libro squisito. Il saggista Tchkhartichvili e il romanziere Akunin - le due anime di uno stesso scrittore - hanno girato il mondo alla ricerca di risposte ai loro interrogativi, o meglio, di conferme alle loro intuizioni. Le grandi capitali, immense e ricche di tradizioni storiche e artistiche, sono un buon serbatoio di spettri. Racchiusi nella propria dimensione come noi nella nostra, simili ai templi antichi che convivono con i grattacieli, offrono fugaci ma inequivocabili contatti. Ancor meglio, però, il vero incontro con i nostri predecessori avviene in quei cimiteri in cui da un pezzo non viene seppellito più nessuno, monumentali o desueti e abbandonati che siano (e sovente tutt'e due le cose). Qui, in queste isole di tempo stagnante si coglie l'aroma del passato; di più: il profumo dell'eternità. E se questa scoperta si deve al 'raisonneur' Grigorij, autore di toccanti e argute descrizioni, è il fantasioso Boris che ci incanta con incredibili storie ispirate alle suggestioni del luogo. Nomi celebri e personaggi fittizi - tutti ormai, loro malgrado, fantasmi impenitenti - si aggirano per le pagine in una danza macabra condotta con gusto eclettico, dal gotico al fantastico. Il Donskoe, il Père-Lachaise, Highgate... ma anche il cimitero straniero di Yokohama e quello sul Monte degli Ulivi, perfino il Green-Wood nella frenetica New York: tutti sono una porta per un'altra dimensione, di cui possiamo recuperare il vero significato.
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