Legami

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Jeebleh, professore universitario in esilio a New York, torna a Mogadiscio, sua città natale, per rendere omaggio alla tomba della madre e rivedere l'amico Bile, dissidente come lui. Sin dallo sbarco all'aeroporto Jeebleh è colpito dall'atmosfera inquietante che vi regna e si sente quasi un novello Dante all'ingresso dell'Inferno, guidato da un Virgilio ambiguo, che si accompagna a lui nelle vesti di Af-Laawe, lo strano personaggio che l'accoglie. La capitale somala dopo la cacciata del Dittatore è in preda alla violenza e in balia di opposte fazioni comandate dai signori della guerra. Prendendo coscienza della situazione, soprattutto dopo il rapimento della nipotina dell'affranto Bile, il protagonista si scontra con un paese sull'orlo del baratro, dove la realtà ha molteplici facce, le regole del vivere quotidiano si ribaltano da un giorno all'altro e rivelano uno stato di anomia che consente di trasgredire anche alle regole del clan. Costretto a confrontarsi con il proprio senso di appartenenza alla sua Somalia e con una serie di complessi interrogativi etici, Jeebleh matura una consapevolezza dolorosa che lo spinge ad assumere posizioni sempre più dure. Intessendo insieme realismo e fantasia, cronaca e invenzione, Nuruddin Farah regala un altro capolavoro, dove momenti di alta poesia si alternano con brucianti istanze civili e morali.
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