Le vergini delle rocce
Nell'ultimo anno in cui lo Zimbabwe si chiamava ancora Rhodesia, il 1979, Thenjiwe, bella e sensuale come il suo paese, incontra un uomo, se ne innamora profondamente e vuole un figlio da lui. Thenjiwe vive a Kezi, lontano dalla città, con la sorella Nonceba, che studia in collegio e sta per ritornare a casa. Poi, come un vento irresistibile, arriva l'Indipendenza seguita dalla tempesta fratricida della guerra interna dei dissidenti. Il filo della gioia delle due sorelle è brutalmente reciso. Il conflitto semina diffidenza e terrore nelle campagne, dilania i corpi e lacera le menti, come quella di Sibaso, un soldato dissidente che uccide Thenjiwe e violenta Nonceba e le mutila le labbra. Innestando il racconto sul tessuto vivo e bruciante della storia dello Zimbabwe, Yvonne Vera scrive una potente vicenda di passioni e sofferenza. Con un linguaggio inconsueto, poetico, sensuale e di intensa suggestione, intona un dolente ma non disperato inno alla sua terra, al sacrificio degli innocenti, alla forza dei suoi uomini e delle sue donne, alla gioia possibile e negata. Il racconto è pervaso dallo stridente contrasto tra l'esplosione esuberante della natura e dei sentimenti, tra lo slancio puro della vita e le atrocità commesse dall'uomo contro l'uomo. Per Sibaso il destino delle due sorelle dovrebbe ripetere quello delle vergini incise sulle rocce di Gulati, così come lui cupamente lo legge, ma Cephas, l'uomo che Thenjiwe ha amato, lo storico, lo studioso, non meno forte e virile di Sibaso, aprirà a Nonceba una via di maturazione e salvezza.
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