Vertigine. Sull'orlo di una felicità (ir)raggiungibile
Irriverente, colta, cinica e senza alcun pudore, torna la penna più incisiva e originale di una generazione, tra SyIvia Plath, Bob Dylan e Kurt Cobain. Dopo aver raccontato il suo viaggio negli inferi della depressione in "Prozac Nation", Elizabeth Wurtzel è diventata una scrittrice famosa, una vera icona della Generazione X. Dal suo libro è stato tratto un film interpretato da Christina Ricci, e intanto viene invitata ai talk show e agli avvenimenti mondani più trendy di New York, scrive sui giornali e lavora al nuovo libro. Ma la sua vita è ben lontana dall'essere un sogno realizzato. Perché Elizabeth sente ancora il richiamo dell'abisso, quella voce che le dice di fuggire, fuggire, fuggire sempre. E così infila il suo portatile in borsa e scappa in Florida, dove le stagioni sono tutte uguali, dove tutto è sole e luce bianca. Eppure, anche in quel bagliore, Lizzie vede levarsi le ombre più cupe del suo passato. Certo, prende una nuova, miracolosa medicina, il Ritalin. Un sollievo. Finché non scopre che può essere sbriciolata e sniffata come una droga. Ne prende quattro pastiglie al giorno, poi di più e più ancora, ma tanto è solo una medicina, no? Però dopo deve passare ad altro, sempre più potente. E ricomincia la fuga, facendosi sempre più male, nell'oscillante esistenza dei drogati fra dipendenza e disintossicazione. Finché, nelle sedute in un centro di recupero, scopre una risorsa che aveva sempre, narcisisticamente, disprezzato: gli altri. Compagni di viaggio, che si spingono nel suo vuoto avvelenato e le danno la speranza che la strada sarà ripida, a tratti vertiginosa, ma salvarsi si può. Si deve.
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