Riflessioni di Robinson davanti a centoventi baccalà
Arguta ed estremamente godereccia, una parabola culinario-esistenziale di finissima ironia: un novello Robinson Crusoe - un ghiottone disincantato ed esperto del mondo sotto le vesti sicure di vescovo in esubero - si ritrova, dopo un rocambolesco naufragio, a sopravvivere su un'isola deserta con a disposizione solo casse di baccalà. A soccorrerlo, oltre alla lucidità e alla vivacità inarrestabile della sua intelligenza, la fantasia: così, per vincere la noia e la solitudine, per esorcizzare la paura e non perdere se stesso, si abbandona a vertiginose disquisizioni: sugli uomini, le donne, la politica e, soprattutto, il baccalà. Immaginato con l'appetito e l'allegria generosa di chi adora la buona cucina, descritto in ricette arditissime di raffinata preparazione, assaporato con la voluttà di chi non si vergogna delle passioni terrene, il baccalà diventa il vero protagonista di questo libro dal fascino barocco, contendendo all'amore la palma di 'soccorritore' e 'consolatore' del povero naufrago. Affamato di cibo e d'affetti, annientato dalla malinconia e dal ricordo della bella Muriel, risentito col mondo per sua ignara vuotaggine, Robinson-Montalbàn ci parla di cibo e di sesso, gioca con l'ironia e scherza con l'arte culinaria, consegnandoci un libro incantevole, percorso da un sorriso amaro, illuminato dal gusto di chi è appassionato alla vita e ama la forchetta quanto la penna. Perché, dice Montalbàn, 'cucinare è come scrivere, è un lavoro manuale che richiede applicazione. E mangiare significa comunicare'.
Momentaneamente non ordinabile