Gap
Una sera di marzo di qualche anno fa guidavo da Bologna a Ferrara. Mia moglie era in macchina con me. Imboccata l'autostrada ci sorprese la nebbia, come una secchiata di vernice bianca sul parabrezza. Tentai di fermarmi. Mia moglie, che in mezzo alla nebbia ci è nata, mi consigliò di proseguire. Non le diedi ascolto e bloccai la macchina in quella che mi sembrava essere una corsia di emergenza. Quando uscii dall'abitacolo, la nebbia mi avvolse completamente, nello spazio di qualche passo già non ero più in grado di vedere la sagoma dell'automobile. Durò solo qualche secondo, ma bastò perché provassi il terrore più profondo che avessi mai sperimentato. Le mie coordinate spaziali erano definitivamente compromesse. Fino al miracolo. Una donna in bicicletta mi passò accanto sfiorandomi e illuminando la macchina. Durante il prosieguo del viaggio mi guardai bene dal dire a mia amoglie che una donna in bicicletta nell'autostrada tra Bologna e Ferrara mi aveva permesso di ritrovare la macchina. Ma arrivati a MOnticelli, frazione di Mesola dove abitano i parenti di mia moglie, confidai a sua nonna questa piccola avventura gotica: la nebbia, il terrore, la donna in bicicletta. E, con mia grande sorpresa, lei non si stupì affatto. Mi disse che la nebbia era una specie di calamita, definiva una specie di non Luogo, ma, soprattutto, un non Tempo. Disse che quella donna in bicicletta non era nient'altro che un'immagine di un altro tempo, quando l'autostrada nemmeno era stata costruita, trattenuta dalla nebbia. Aggiunse sorridendo che anche lei una volta aveva intravisto ombre di uomini a cavallo con armature che seguivano cinghiali nel boscone della Mesola. Quella donnina gentile quasi novantenne si stava divertendo: ora anche le mie coordinate temporali erano definitivamente compromesse. Nella cultura da cui provengo non è strano nutrirsi di misteri.
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