Aveva piovuto tutta la domenica
Il signor Spitzweg è impiegato nelle Poste. Ha cinquant'anni, vive solo. La solitudine - fisica e interiore - è la cifra della sua esistenza. Come per certi rampicanti, la sua vita si è via via modellata sui supporti estranei che il caso offriva. Questo il signor Spitzweg lo sa bene ma non gli diapiace, così può dedicarsi ai dettagli, a coltivare una somma di abitudini e di oggetti che, come in un gioco di specchi, gli rimandino costantemente l'immagine di se stesso: poichè i limiti che traccia e difende a oltranza attorno alla propria persona non definiscono tanto il suo spazio, quanto la sua identità. Simbolo della vita vera, l'immensa, splendida Parigi - l'altra protagonista di questa storia - è solo intuibile dietro il filtro dell'impressione soggettiva del signor Spitzweg, che in essa si è scavato un percorso dell'anima guidato dal puro valore evocativo delle cose. Persa la sua interezza, la città non è un mondo da esplorare ma un repertorio discontinuo di figure rassicuranti, un insieme di piccoli orizzonti da cui è bandito il fascino dall'ignoto. Il signor Spitzweg - si chiama Arnold, anche se non lo sa nessuno - si innamora, ma solo un pò; trasgredisce con prudenza; controlla l'imprevisto; pianifica la pioggia domenicale. Non rischia, non cambia, non si confronta. E tuttavia suscita in noi una malinconica indulgenza, un rispetto inespresso: per la lealtà con cui combatte le sue battaglie, per la tenerezza dei suoi pur lievi fremiti, perché Arnold Spitzweg è, tutto sommato, un pò tutti noi. Con il consueto stile sommesso e confidenziale, Philippe Delerm, dopo avera cantato i piccoli piaceri della vita, ci accompagna attraverso la vita piccola di questo antieroe, impartendoci un monito con levità e dolcezza.