Opera dei pupi (L')
Il teatro delle marionette, regolato nel Settecento da un preciso codice, diventa nell'Ottocento uno spettacolo popolare; ma se sarà proprio questo codice a precludergli in certe aree la possibilità di adeguarsi alle esigenze del nuovo pubblico, preparandone il definitivo confinamento a livello infantile, in altre aree esso, proprio per la sua rigidità, finirà col favorire la nascita di un teatro delle marionette radicalmente nuovo: l'opera dei pupi. In realtà temi e motivi del teatro settecentesco delle marionette, che per altro, pur avendo in repertorio soggetti guerreschi, ne usava sporadicamente, non rispondevano alle attese dei ceti popolari, non ne esaurivano lo strutturale bisogno di riscattare miticamente la loro subalternità, di proiettare l'esigenza, sia pur inconsapevole, di un diverso ordine del mondo in eroi superumani che risolvessero in termini mitici le opposizioni sperimentate come inconciliabili nella prassi fra l'amico e il nemico, il giovane e il vecchio, il debole e il forte, il giusto e l'ingiusto. Contraddizioni queste proprie delle società fortemente stratificate dove i gruppi sociali subalterni quotidianamente sperimentano, in conseguenza della precarietà dei beni, la violenza della lotta per la sopravvivenza, la netta divisione dell'universo sociale in amici e nemici, la permanente possibilità di essere traditi dall'amico più fidato. Il declino dell''opra' è iniziato quando ha cominciato a non essere più un rito, quando cioè le contraddizioni di cui essa rappresentava le mitiche soluzioni, hanno trovato altri miti per esprimersi in figure, altri riti per realizzarsi in azioni concrete. Ecco perché questa opera di Antonio Pasqualino non è solo uno studio completo e certamente unico sull''opra', ma anche l'anatomia di un momento della storia della cultura siciliana ormai immancabilmente consegnato alla storia. (Dalla prefazione di Antonino Buttitta)
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