Vule uji. Vjersha malli. Marca d'acqua. Testo originale fronte
"Non so come questi versi suonino nella lingua originaria con la quale sono stati concepiti ma credo che anche la traduzione fornita dalla stesso poeta contenga quella musica interiore che sembra affidata alla "lahuta" della tradizione albanese con quanto di nostalgia e di memoria fermenta ancora nell'anima dell'autore che da italoalbanese siciliano conserva tale stato d'animo nei suoi precordi. Si tratta di una silloge, quasi una biografia sintetica in versi, dove la storia personale, l'amore, la quotidianità e la memoria del passato costituiscono un humus poetico che si fa canto stringato e talvolta solenne che parla di una Arberia di Sicilia come luogo dell'esistere e del vivere in una continuità col passato rivolto alla decifrazione del presente; una sorta di autobiografia in versi, appunto, che si rivela a se stessa e alla nostra sensibilità di lettori che riconosciamo Istanbul e Teresa di Calcutta, la casa siciliana e la terra del Kosovo, i legami familiari e le allusioni incantate ad un eros "acqua e fuoco" che esprime pienamente l'umanità e la religiosità di un uomo che sa attraversare e vivere la vita guardando verso il cielo e aperto al vasto orizzonte della cultura nella quale sa trovare i fondamenti che nutrono la sua poetica visione della realtà". (Piero Longo). Presentazione Italo Costante Fortino.
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