La Fata Galanti
"'La Fata Galanti 'è l'opera con la quale il giovane Meli si presenta alla cultura palermitana del secondo Settecento, Il diminutivo che lo accompagna da secoli, "poemetto", rende ragione soltanto del formato in cui fu pubblicato. Si tratta di 4256 versi la cui prima caratteristica è quella di essere siciliani nella lingua e nel metro. Meli aveva già composto nella lingua letteraria di allora alcune canzonette che, a quanto si scrisse, si erano fatte apprezzare, ma la 'Fata Galanti', segna rispetto a queste una decisa svolta e più ancora una scelta di direzione, in più sensi, che sarà mantenuta per tutta l'attività successiva. Si disse, e l'affermazione è stata ripetuta nel tempo, che la svolta della Fata fosse stata determinata dalla precisa volontà di non entrare in competizione con il suo mecenate, il principe di Campofranco, anch'egli poeta, estemporaneo soprattutto, e verseggiatore nella lingua letteraria italiana dell'epoca. Al contrario, sappiamo che fu il Campofranco a imitare il Meli, pubblicando alcuni anni dopo di lui un poemetto che, come la Buccolica, riprendeva il tema delle quattro stagioni, allora assai di moda in tutta Europa, e insieme traducendo dal siciliano Lu labbru del suo giovane protetto." (dall'introduzione di Salvo Zarcone)
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