Ragazzi di zinco
Dopo averci fatto ascoltare in "Preghiera per Chernobyl'" le voci delle vittime del disastro nucleare, Svetlana Aleksievic fa parlare qui i protagonisti di un'altra grande tragedia della storia sovietica: la guerra in Afghanistan tra il 1979 e il 1989. Un milione di ragazzi e ragazze partiti per sostenere la 'grande causa internazionalista e patriottica'; almeno quattordicimila di loro rimpatriati chiusi nelle casse di zinco e sepolti di nascosto, nottetempo; cinquantamila feriti; mezzo milione di vittime afgane; torture, droga, atrocità, malattie, vergogna, disperazione... Gli 'afgancy', i ragazzi che la guerra ha trasformato in assassini, raccontano ciò che si è voluto nascondere. "Ho pensato che non potrò più essere sincero" dice uno di loro, "perché tutti quanti si sono fatti di noi questa idea: hanno la bocca piena di sangue e vogliono pure parlare". Accanto a loro, un'altra guerra. Quella delle infermiere e delle impiegate che partirono per avventura e patriottismo. E soprattutto le madri. Dolenti, impietose, stanche, coraggiose: "Dovevo convincermi io stessa che mio figlio aveva potuto davvero ammazzare un uomo. Li ho interrogati a lungo e ho capito: sì, aveva potuto".
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