DIRRMU. Dipinti aborigeni per una collezione. Catalogo della mostra (Milano, 5-31 maggio 2006). Ediz. italiana e inglese
In più di una lingua aborigena la parola 'dirrmu' (o dirmu) indica un'ampia gamma di cose, quasi tutte inerenti alle forme visive artificiali e naturali. Ma una divisione netta fra queste ultime non si trova, perché a questa cultura è estranea la distinzione tra forma artistica intenzionale e forma spontanea prodotta dalla natura. Del resto ciò contribuisce in modo determinante al fascino dell'arte aborigena, e la parola 'dirrmu' riflette appunto questa ambiguità. Essa infatti può indicare le decorazioni del corpo umano nelle danze rituali e gli antichi dipinti eseguiti sulle rocce, ma può riferirsi anche alle spirali delle conchiglie, alle celle delle api, alla trama di una ragnatela, alle forme geometriche dei minerali, ai segni sulle piume degli uccelli o sulla pelle dei serpenti. Nei quadri aborigeni non c¿è mai una separazione netta fra questi due mondi, che si inseguono e si rafforzano a vicenda. Gli infiniti segni ricavati dall'osservazione attenta della natura o dalle tracce della vita sulla sabbia del deserto si ritrovano quasi intatti nei 'geroglifici' dei dipinti. Il volume - che accompagna la mostra milanese realizzata in collaborazione con la Galleria di Melbourne Kimberley Art - presenta una trentina di dipinti aborigeni australiani inediti, tra i quali spiccano opere di alcuni tra gli artisti più noti della pittura aborigena contemporanea (Ronnie Tjampitjinpa, Wimmitji Tjapangarti, Freddie Timms, Judy Watson, Henry Wambini, Abie Jangala) appartenenti ai maggiori centri di produzione: Warmun, Yuendumu, Lajamanu, Spinifex e Balgo Hills. DIRRMU presenta la 'vera pittura' aborigena, quella che nella consuetudine del mercato internazionale viene definita "Fine Aboriginal Painting" per distinguerla dalla produzione artigianale seriale e da quella, non sempre selezionata e talvolta soggetta anch'essa a un forte scadimento ripetitivo, che proviene anche dalle comunità aborigene più note. Gli artisti di ognuna di queste comunità hanno eseguito, in tempi diversi, delle opere che mostrano una straordinaria varietà di forme, colori e invenzioni, pur rimanendo all'interno di una visione comune del mondo. Per esempio, mentre i dipinti a base di ocre di Warmun, nella regione di Kimberley, sono contraddistinti dal rigore stilistico e dall'uso di colori severi e più tradizionali, le tele ad acrilico eseguite a Balgo Hills si distinguono per i colori brillanti, l'uso dei tipici 'puntini' aborigeni e per uno spirito quasi espressionistico. Fra i dipinti più interessanti si ricordano "Bushfire - Water - Tingari Story" di Ronnie Tjampitjinpa, "Joalingi" di Henry Wambini e "Jinta Bunta" di Judy Watson (artista di cui si sta preparando un'importante mostra personale a Utrecht), affiancati da alcune opere di provenienza illustre, come quelle appartenute alla celebre collezione Sam Barry dispersa nel 2004, e altre già pubblicate sulla più importante letteratura sull'argomento.
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