L'anima dell'Occidente. Un giudizio
Negli anni cruciali tra le due guerre, Rabindranath Tagore conduce una riflessione lucida e appassionata sul trionfo della cultura occidentale e sulla sua imposizione ai popoli dell'Asia. E il pensiero di un poeta che sa scavalcare le trappole dell'ideologia, di una mente in perfetto equilibrio tra la fedeltà alla propria tradizione e la conoscenza profonda di quella europea. Per Tagore è l'anima stessa dell'Occidente - i valori del Cristianesimo e della grecità - ad essere per prima tradita dalla deriva di una modernità fondata sugli idoli del successo e del denaro. In "Giudizio", un articolo del 1925, l'analisi dei rischi del progresso, la condanna del nazionalismo e dell'imperialismo e lo smascheramento dell'arroganza civilizzatrice dell'Occidente si accompagnano alla denuncia del sentimento di sudditanza espresso da chi ha subìto la colonizzazione. "L'incontro di Oriente e Occidente", una conferenza pronunciata a New York nel 1930, precisa l'ideale di un nuovo umanesimo, cosmopolita e mosso da una reale conoscenza tra i popoli. Tagore indica in Gandhi l'esempio vivente di una morale autenticamente orientale che tuttavia può parlare a tutto il mondo. E agli esseri umani di ogni continente, oggi come allora, si rivolge l'invito ad assumere una presa di posizione etica nei confronti di quello che ci viene presentato come ineluttabile risultato del progresso.
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