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Il post-agricolo, neologismo di nostra artigianale fattura, intende segnalare l'attuale complessa vitalità del settore produttivo primario. Il suo rinascere come nuova fonte di immaginario morale, orgoglio di mestiere, appartenenza identitaria al territorio. Il suo costituirsi come formidabile arena locale, nazionale e mondiale di conflitti sociali e normativi, ma anche il suo farsi contenitore slargato di narrative, rappresentazioni e pratiche. Esempio strabordante è la crescita in presenza e in densità simbolica del cibo, ingrediente base di nuovi fenomeni sociali totali (EXPO 2015 docet). Il post-agricolo è per noi etnografi del contemporaneo soprattutto una nozione passe-partout per accedere alla comprensione dell'intreccio inedito tra mondo rurale e urbano, agricolo e industriale, finanziario e produttivo, tecnologico e tradizionale, digitale e manuale, locale e globale. Un groviglio nel quale appaiono nodi e lacerazioni, che segnalano evidenti contrapposizioni dall'incerto esito.
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