Ben vivere, per ben morire. Esperienza della morte e immagini dell'Aldilà in Ch. M. Wieland
Nell'Europa del cosiddetto secolo dei Lumi, la morte non è più il meritato castigo dell'uomo peccatore, come scriveva San Paolo, come si pensa ancora spesso nel Medioevo e nel Seicento, e come ritiene Lutero. Ma se l'Illuminismo guarda principalmente alla vita terrena di cui la morte è solo necessaria conclusione, su un tema tanto complesso, che ha implicazioni in ambito religioso le posizioni variano in fretta. Si assiste a un prolificare di concezioni contraddittorie, complementari, antitetiche, che si alternano e in parte coesistono, specchio di nuove dinamiche sociali e di una pluralità di tendenze filosofiche e culturali che già dalla metà del secolo si compenetrano le une con le altre con risultati significativi. Tale pluralità emerge chiaramente anche a proposito della discussione sull'Aldilà - se esso esista o no, che cosa si deva intendere con quel termine, se si tratti di un luogo o di uno stato dell'Essere, se si possa credere in una vita dopo la morte o se tutto abbia fine, etc. Questo studio si concentra su Christoph Martin Wieland, figura di spicco del panorama culturale di quegli anni, che dopo un'iniziale fase pietista e una definita dai critici "rococò", poco prima dei trent'anni assume e manterrà poi sempre posizioni illuministe.
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