Voci dal margine. La letteratura di ghetto, favela, frontiera
Quando una società relega al margine parte del suo corpo, finisce irrimediabilmente con l'originare categorie dell'esclusione. Questo processo può delegittimare l'individuo. Il territorio fisico della città è forse il campo di azione dove queste pratiche si rendono più palesi, tanto da creare una sorta di frattura fra una collettività "normalizzata" e un'altra obbligata dalle contingenze a costruire la propria esistenza oltre il limite a cui corrisponde il perimetro occluso e quasi sempre degradato del ghetto. La letteratura ci aiuta a comprendere lo spazio e le sue ramificazioni più infelici, a descriverlo e soprattutto ad amplificarne la voce, divenendo il terzo momento di un trittico: appropriarsi dello spazio, abitarlo, raccontarlo. La letteratura e più in generale i linguaggi della cultura hanno instaurato un dialogo con il margine: da esso scaturiscono processi di riflessione, di mediazione e di consapevolezza politica. Il margine, dunque, resiste e sovverte la norma: dalla letteratura dei favelados brasiliani agli artisti di strada in Argentina; dai poeti marginali russi, portoghesi o peruviani al confine spaziale nel mito della frontiera nordamericana; dalla tensione, dalla periferia al centro dei nuovi soggetti politici in Costa d'Avorio alle pratiche di potere ed emarginazione nei confronti del femminile nel discorso giornalistico italiano.
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