Torino, provincia di Milano. Da capitale a dépendance della Madonnina?
Antipatico, polemico, provocatore, Bruno Babando, giornalista de Il Domenicale, già direttore di GRP Televisione, torna a denudare i presunti monarchi di una Torino che continua a presentarsi come capitale dell'auto, del libro, della tecnologia, del futuro, e di quant'altro, ma che decade e si riduce a sobborgo lombardo. Una denuncia documentata dell'insipienza della classe dirigente subalpina. Torino si muove. Destinazione Milano. All'ombra della Madonnina sono emigrate le principali istituzioni finanziarie (ieri la Cassa di Risparmio, oggi il Sanpaolo) e ogni giorno oltre 100mila torinesi si recano per lavoro, studio o affari nella capitale meneghina. Due città che distano a malapena un centinaio di chilometri, ma separate da decenni di livore e diffidenza, costrette loro malgrado a una sempre più stretta convivenza. Sarà questo l'approdo ineluttabile della lunga transizione dell'ex one company town italiana, diventare provincia dell'impero economico di rito ambrosiano? Stordito dalla giostra di eventi che, dalle Olimpiadi invernali in poi, configurerebbe una sorta di "rinascimento subalpino", il capoluogo piemontese sembra aver smarrito la propria identità. Fuori dalla consolante retorica di una classe dirigente inetta e irresponsabile, Torino deve tornare a fare i conti con la realtà. E con un futuro tutt'altro che scontato.