L'altro e l'assente. Fantastico italiano del Novecento
Sedotti da una sorta di metafisica del dubbio e comunque sensibili alla necessità della ricerca ontologica, gli scrittori italiani del Novecento che compaiono in queste pagine dimostrano di saper utilizzare le modalità proprie della narrazione fantastica come strumenti epistemologici atti a recuperare anche modalità di pensiero magico e primitivo, in obbedienza a un bisogno di sacralità e trascendenza. La scrittura fantastica denuncia il senso del distacco del soggetto dalla sua natura più intima e vera. Spesso si tratta di una distanza dal senso, da cui emerge l'assunzione del reale come problematico e contraddittorio. Così il fantastico, spesso condannato come letteratura del disimpegno, rivela il suo vero volto: la sua forza trasgressiva investe un'intera percezione del mondo, il sistema assiologico, i rapporti sociali e di potere riconosciuti all'interno di un'intera collettività. Proprio per la sua funzione di sismografo dei movimenti del profondo e per la sua proiezione verso l'ignoto, il fantastico mette in scena la visione dell'alterità inquietante, spesso inseguita e agognata nell'illusione di un completamento del sé.
Momentaneamente non ordinabile