Il sacrificio. Polisemia di un archetipo
Nella laguna salmastra di Marsala, tra antichi mulini a vento e tetti di sale, in mezzo a limpide acque e impetuosi venti, giace Mothya, suggestivo insediamento fenicio risalente all'VIII secolo a.C., luogo ancestrale dove altari sacrificali e reperti antichi parlano al viandante di oggi, echi di riti lontani. Su queste suggestioni si aprono le riflessioni sul sacrificio (sacrum facere), che hanno trovato vitalità nel seminario di cui questo volume presenta i contenuti. Il sacrificio come rinuncia ai legami terreni per amore dello spirito, come atto eroico e trasformativo del soggetto che si sacrifica aprendo, nell'immaginario collettivo, alla speranza e alla trascendenza; il sacrificio delle parti di sé nel processo di individuazione; il sacrificio individuale e collettivo, quello consapevole e inconsapevole, il sacrificio propiziatorio... L'apporto e l'integrazione di diversi punti di osservazione - storico-archeologico, filosofico-letterario e della psicologia analitica - rintracciano, nella specificità dei contributi, note dissonanti di una polifonia di significati che testimoniano, inesorabilmente, l'impossibilità di definire un significato condiviso e comunitario del sacrificio. Tuttavia, proprio grazie alla pluralità delle ottiche assunte, se ne intravede un denominatore comune: il sacrificio come impegno nella conquista di tutto ciò che ha un valore nella vita, perché la mancanza, l'assenza o la deprivazione possono rivelarsi come opportunità di attivazione delle energie vitalizzanti e trasformative.
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