Tic Tac city
Tic - Tac, Tic - Tac, Tic - Tac, Tic Tac. Il tempo si accorcia, i colpi sono sempre più violenti, la palla da tennis viene messa in gioco da una crisi economica, da una crisi ambientale, da una crisi sociale, da una crisi culturale. Crisi: separazioni che cerchiamo sempre di ricucire. Spesso ci viene contro, quella palla, e non incontro. Possiamo anche scansarla. Nel frattempo lo spazio si deforma, il campo si allarga a nuove valenze, nuove istruzioni, nuove attualità, fenomenologie più ampie. La nostra risposta può essere raffinata come lo è un confetto alla menta o all'arancia, Tic o Tac, ugualmente adatto, a disparità di gusto, per soddisfare desideri, opportunità, convenienze. Siamo pronti a rispondere a un servizio sempre più rapido, sempre più angolato? Sono pronti i nostri riflessi? Quanto siamo cinestetici? Quanto ci siamo allenati a reagire istintivamente e quanto a ragionare sul colpo da scegliere? Quanto tempo ci viene concesso per fermarci a pensare al punto precedente, per guardarci intorno prima di replicare? Quanto tempo abbiamo? Quanto tempo ci resta? Quanto tempo? Quanto tempo, per ribattere il servizio di Mario Ancic? Solo 0,41 secondi. Possiamo permetterci di pensare alla partita vinta ieri? Possiamo distrarci e guardare a quello che succede sugli spalti? Siamo convinti che l'allenatore possa aiutarci a rispondere a quel servizio? (...) Nondimeno si tratta di un libro, articolato in tre parti, segnato da "riflessioni architettoniche se non urbanistiche"...
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