Dell'esistenza. Glosse allo scritto kantiano del 1762
"Un dotto lo chiamo ciclope [...], Ci sono ciclopi tra i teologi, i giuristi, i medici. [...] Ognuno di essi dovrebbe essere fornito di un [altro] occhio di fattura particolare [...]. Il secondo occhio è [...] quello della conoscenza di sé della ragione umana". La riflessione 903 del lascito antropologico di Kant offre l'orizzonte allo studio "Dell'esistenza. Glosse allo scritto kantiano del 1762". Guardando con l'occhio di cui il ciclope è privo, l'autrice coglie i risvolti teoretici della riflessione precritica di Kant sull'esistenza di Dio ed individua le radici della lotta kantiana al nichilismo. Sulla base del confronto con le filosofie coeve a Kant, nel volume sono delineati gli albori della teoria del riferimento come primo distacco critico dall'egida del possibile logico leibniziano e dall'essenzialismo. La riflessione interna all'Unico argomento possibile sull'esistenza di Dio, cara allo stesso Heidegger, non presenta però solo una filigrana onto-teologica e teoretica, essa presta anche il fianco a riflessioni di ordine etico. Consapevole di come il problema del determinismo nell'agire morale faccia ancora discutere i filosofi continentali ed analitici, l'autrice confronta l'argomento onto-teologico con i temi della ragion sufficiente della scuola leibniziana e wolffiana per segnalare e seguire i tentativi kantiani di differenziazione dal meccanicismo e dal fatalismo etico.
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