Musashi e le arti marziali giapponesi
"Miyamoto Musashi e le arti marziali giapponesi" costituisce la seconda parte dell'analisi che Kenji Tokitsu ha dedicato al più famoso maestro di spada del Giappone dopo la "Vita di Musashi" pubblicata da Luni nel 2002. Cominciare dalla vita di Musashi era indispensabile, perché è 'nell'azione' (e per Musashi questo è vero più che per qualunque altro Maestro di arti marziali) che può essere intravista l'essenza del suo magistero; senza questa analisi preliminare, il testo leggendario ed esoterico attraverso il quale egli la vuole tramandare alla sua Scuola (lo Scritto sui Cinque Elementi, o Gorin-no-sho di prossima pubblicazione da Luni), rimane una sfinge. Qui, invece, oltre a rintracciare e documentare la trasmissione dell'arte di Musashi attraverso le Scuole che ha fondato nelle varie fasi della sua evoluzione di guerriero e di cui rimangono delle propaggini ancora ai giorni nostri, Tokitsu studia e cerca di decrittare l'insegnamento di Musashi dalle sue azioni e dai testi, istituendo intrecci con la pratica e la ricerca degli adepti contemporanei. Con la svolta Meiji del 1868 il contesto sociale e spirituale della Via del guerriero scompare e alla ricerca basata sul confronto reale, sulla lotta per la vita o per la morte con un avversario, si sostituisce quella incruenta e di autoperfezionamento del 'budo': sono proprio i limiti di quest'ultimo, dovuti all'istituzionalizzazione, alla cristallizzazione delle tecniche, all'artificialità della situazione in cui si pratica, che portano Maestri contemporanei come il 'kendoka' Morita Monjuro, a riscoprire con i propri sforzi (e i propri fallimenti) quell'imprescindibile coordinazione di corpo e mente nel gesto decisivo, di cui Musashi aveva già scritto in maniera apparentemente oscura cinque secoli fa. Perno della coordinazione tra corpo e mente è l'energia interna - il 'Ki'. La ricerca umile e sincera del gesto corretto ed efficace conduce a riscoprire che esso, al di là delle codificazioni del 'budo', si compie soltanto quando, impegnandosi totalmente nel combattimento come fosse l'ultimo della propria vita, svuotata la mente, la naturalità della postura consente alla forza di riempire spontaneamente il 'tanden' o centro vitale dell'uomo. Formare se stessi attraverso la pratica lanciando la totalità del proprio essere nel combattimento (al di là del dualismo vittoria-sconfitta e persino vita-morte) e avendo come costante riferimento questa dimensione trascendente: ecco la perennità dell'insegnamento di quel samurai atipico che fu Miyamoto Musashi per tutti i sinceri e veri praticanti di arti marziali.
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