Il venditore di reliquie. Operetta morale dove si dimostra come talvolta le cattive azioni facciano il bene della scienza
Anno 1736, in un campo non lontano da un minuscolo borgo istriano un contadino dissotterra un osso di straordinarie dimensioni che, per queste caratteristiche e per altri inspiegabili fenomeni, è giudicato miracoloso, e perciò catalogato da una commissione patriarcale come "vero femore" di San Cristoforo, il gigante tradizionalmente raffigurato mentre guada un fiume col bambino Gesù sulla spalla. Le speranze degli abitanti del borgo di ricavare dalla scoperta sostanziosi benefici grazie all'immancabile afflusso di pellegrini e penitenti, vengono frustrate dalla decisione del vescovo di espropriarli dell'osso a favore di una chiesa locale e del suo astuto prevosto. Il sopruso, esacerbato dagli eventi miracolosi che in effetti, di lì a poco, paiono propiziati dalla reliquia, inducono i delusi, prima, a tentare di rapirla, poi, appagati dall'imprevisto rinvenimento nel medesimo luogo di un vero e proprio ossario, a organizzare un simoniaco commercio dei reperti anatomici del santo. Potrebbe sembrare che tutto proceda per il meglio: le vendite hanno successo, i miracoli sembrano accadere, le chiese s'arricchiscono, i contadini pure. Sennonché un insieme di circostanze, a cui danno un contributo le furbesche sceneggiate di un pope ortodosso e i crescenti dubbi di uno scienziato svedese, corrodono certezze acquisite, mettono in luce imbrogli e malefatte, ma, al tempo stesso, preludono a una scoperta sensazionale.
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