Passaggi a Oriente

Passaggi a Oriente

Gli inglesi hanno sempre amato gli audaci eroi fuori ordinanza, quelli che uscivano dal gregge e combattevano come dei privati, naturalmente a vantaggio del bene pubblico, inteso come la Corona ('Her Majesty's Service'). Credevano - lo credono ancora, ma un pò meno - di avere, in qualità di 'off shore islanders' e discendenti di pirati (Drake) o di taglieggiatori-arcieri dei boschi (Robin Hood), qualcosa in più nei cromosomi: di essere per istinto, educazione e storia, adatti alle imprese impossibili, affrontate in maniera elegante e ironica, che noi continentali ammirati definivamo appunto 'all'inglese', anche se durante l'impero a combattere erano soprattutto gli irlandesi, gli scozzesi, i gallesi. Quando nella storia comparvero gli spaventevoli uomini con la croce uncinata, questo loro ideale maschile, che nel frattempo si era illanguidito, davanti alla sfida mortale ridiventò tostissimo, pronto a trasformarsi in un 'commando' (li hanno inventati gli inglesi), o in un temerario pazzèsco (pronunciare con la 'e' aperta), come gli uomini del SAS (Special Air Service). I due prototipi più famosi sono stati David Stirling, il creatore del SAS, che era probabilmente più un pazzo che un eroe, perché ai rischi ci deve essere sempre un limite, e Fitzroy Maclean, tutt'e due scozzesi. La differenza tra i due è stata che Fitzroy, uno dei cocchi di Winston Churchill, e il modello per 007 di Jan Fleming, ha scritto il più divertente, movimentato, inverosimile racconto delle avventure di un agente speciale che sia stato mai pubblicato. Il lettore può apprezzare, nella prima parte, la leggerezza e il ritmo rossiniano dei suoi viaggi in Asia Centrale, un 'unicum' del suo genere, e, nella seconda, un'immortale scena che illustra da sola, molto meglio di qualsiasi saggio, come la politica diventa storia, interpretata dal premier inglese. Quando Maclean, dopo aver tessuto i massimi elogi di Tito leader di un popolo che non si sottometterà mai, ricorda a Winnie che il capo partigiano è e sarà sempre un comunista, Churchill gli chiede con un sorriso soave se ha intenzione di stabilirsi in Jugoslavia dopo la guerra. "Non ci penso affatto", risponde stupito Maclean. "Tanto meno io", gli fa Churchill, "e allora preoccupiamoci che ammazzino il più alto numero di tedeschi possibile, e basta." (Stefano Malatesta)
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