Sabbie arabe
Il Rub el-Khali, l'Empty Quarter in inglese, il Quarto Vuoto, è il deserto più grande del mondo, il solo luogo in cui, secondo Thesiger, "si può trovare la pace della vera solitudine". Il primo europeo ad attraversare l'Empty Quarter fu Bertram Thomas, un funzionario dell'Indian Civil Service trasformatosi in esploratore nell'inverno del 1931. Il secondo fu St John Philby, il padre di Kim, la spia. Wilfred Thesiger è stato solo il terzo. La sua impresa, però, cominciata nel novembre del 1945, è stata davvero memorabile: una traversata proibita dal Dhaufar fino all'Oman, nel Golfo Persico, passando per le dune ritenute invalicabili dell'Uruq el-Shaiba e costeggiando sabbie mobili assai temibili. Nato ad Addis Abeba, figlio del rappresentante britannico presso la corte del Negus, quando ancora regnava Menelik, Thesiger era il tipico inglese etoniano: faccia allungata e rossastra, occhi a fessura, vecchie giacche di tweed e scarpe di gran classe logore e rappezzate. Era capace di frasi quali "mai fatto un giorno di lavoro, vecchio mio", e di ammirazioni spropositate per i racconti e le gesta di Henri de Monfreid - un avventuriero e scrittore del Mar Rosso che trafficava hashish e perle - ma era anche uno dei pochissimi occidentali in grado di resistere come uno 'sceicco' nel deserto e di 'cavalcare e sparare in corsa come un beduino'. Probabilmente queste sue straordinarie capacità gli derivavano da una vera e propria immedesimazione nei popoli che amava. Viaggiando con i nomadi e facendo la loro vita, Thesiger aveva elaborato una teoria riassumibile nel motto che alimenta "Sabbie arabe": 'the harder the life, the finer the person'. Coloro che nelle sabbie avevano trovato il loro rifugio, i veri uomini del deserto, i Rashid, capaci di resistere più di ogni altro essere vivente, eccettuato il dromedario, alla fame e alla sete, e che si fidavano solo del loro indomito spirito di sopravvivenza e della loro carabina, erano per lui i più nobili e i più degni di ammirazione. Scritto dieci anni dopo l'avventura dell'Empty Quarter in una stanzetta del Park Hotel di Copenhagen, "Sabbie arabe" è innanzi tutto un'appassionata celebrazione, composta con immediatezza ed eleganza, dei beduini e della loro esistenza. In un tempo fuori dal tempo, tra carovane e soste, silenzi e animate conversazioni, riviviamo, nelle sue pagine, la vita di un popolo fiero e generoso, religioso e violento, fatalista e solidale: una vita aspra e affascinante che, una volta conosciuta, non concede a 'nessun uomo di restare lo stesso'.
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