Il deserto del sesso
"Il deserto del sesso" che Leonida Répaci pubblicò una prima volta nel 1957, è la storia della brutta Ignazia che insegue la soddisfazione dei sensi; per realizzarla non s'arresta dinnanzi al delitto. Ammalata di cuore, case vittima della sua avidità, morendo accanto all'uomo che è riuscito a trascinare a letto coinvolgendolo in una spirale di odio, amore, disperazione, follia, morte. Amore, colpa, malattia si intrecciano in un crescendo cupo e inesorabile. Se la morte è la condizione della vita, come scrive George Bataille, la morte in Répaci diventa il termometro dell'esistenza, la sua condizione fondamentale. Forte della sua corporeità pesante, Ignazia vive consapevolmente la sua disperazione e il suo dolore, la sua colpa, la sua malattia, il suo amore che è discorso di anime per "il tramite del corpo", la cui pratica "è una vera gnoseologia". Il suo lungo delirio, in tutte le sue drammatiche evoluzioni, si svolge negli ultimi mesi del fascismo, in un'atmosfera terroristica e inquisitoria. La donna consuma la sua carne, esausta e d'inesausto desiderio, nei giorni in cui la Repubblica di Salò brucia nello spirito delle armi i resti di un sogno di grandezza. Con Picasso potrebbe ripetere "non mi evolvo, sono". Nel suo indemoniamento - scrive Répaci che - come un supervisore spietato - racconta, spiega, giustifica, addita, assolve - "c'è la pazzia di un tempo senza misericordia, che aggiunge agli altri suoi problemi anche quello rivelantissimo del sesso, il bisogno della soddisfazione sessuale, il bisogno di arrivarci comunque, magari attraverso il delitto, specialmente se questo delitto appaia, ad una ad una mente sconvolta da una libido frustata, solo un corollario o un completamento di quel delitto più grande che è la guerra".
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