Occhialì historiae
Cosa c'è dietro la leggendaria vicenda di Uguk Alì, Occhialì, temibile paladino dell'Islam, la cui vera patria era in realtà il borgo calabrese de Le Castella? Forse schegge di storia, qualche cronaca cinquecentesca, la memoria di alcuni narratori tra cui il "prigioniero" Cervantes, e certamente l'inesausto immaginario collettivo. Su questi frammenti e su residui storici e letterari, si muovono le "Historiae" di Nino Gimigliano: una finzione giocata su un confine illusorio, quello della stessa identità di Occhialì, diviso tra bene e male, islamismo e cristianesimo, realtà e fantasia, personaggio che appartiene all'uno ed all'altro mondo. Nella narrazione il referente più emblematico rimane la battaglia di Lepanto nella quale parrebbe giocarsi il destino dell'Oriente e dell'Occidente. Occhialì assiste atterrito e sgomento al più cruento scontro navale di tutti i tempi, con il popolo delle due parti coinvolto sì nella contesa ma sempre fuori dalla storia: i pescatori, i contadini, gli artieri divenuti combattenti di mare e le famiglie decimate dai lutti. Sicchè proprio oggi, dopo quattro secoli, nel momento in cui si profila (con motivazioni paradossalmente non differenti da quelle di allora) una ennesima battaglia di Lepanto (con intrighi, tradimenti e cieche violenze), più che mai oggi si può misurare l'attualità di queste "Historiae".