In un paese lontano
Il tema centrale della migliore narrativa londoniana è sempre quello di un’opposizione antagonistica. Questa opposizione non vede mai in gioco poste di poco contro: si tratta ogni volta di uno scontro decisivo che assume le proporzioni di una vera e propria lotta per la vita, dove, dietro lo sforzo per sopravvivere (fisicamente o socialmente) dei singoli individui, si intravede, in filigrana, il gioco complesso e spesso schiacciante delle forze che regolano il rapporto dell’uomo con i suoi simili e con la natura. L’ambiente della narrativa di London è, di solito, un territorio di frontiera, un luogo primitivo e remoto che permette all’autore di mettere a nudo, con maggiore immediatezza e brutalità, le dinamiche biologiche che sono le autentiche protagoniste delle sue storie. Ma è anche, quando ciò lo richieda, lo scenario crudele di una metropoli moderna o, al limite, la coscienza dell’uomo la cui psiche si scontra schizofrenicamente con sé stessa. I cinque racconti contenuti in questo volume sono rappresentativi di questa tematica e di queste ambientazioni, dallo splendido “In un paese lontano” – che riecheggia “An Outpost of Progress” di Conrad (ma le due pubblicazioni sono quasi contemporanee: 1898, Conrad; 1900, London) – che si svolge nel gelido inverno del Nord alla follia dell’eternità delle forme confinata nel solipsismo della coscienza. Scrittore che aveva veramente qualcosa da dire, London mantiene, al di là delle mode, degli anni e delle generazioni, la sua straordinaria attualità.