Discesa agli inferi. Esperienze di un esorcista

Discesa agli inferi. Esperienze di un esorcista

«Quando avevo 14 anni ho consegnato la mia vita a Lucifero. L'ho fatto liberamente, senza essere forzata. Dopo, però, non mi è stato più possibile farlo senza coercizione». Può succedere che qualcuno decida di andare all'inferno a fare compagnia al principe delle tenebre pensando di stare meglio. Oppure per qualche presunto profitto. L'inferno c'è ed è a un passo! Che sia una località o uno stato non è molto importante. Di sicuro i demoni più che all'inferno sono essi stessi l'inferno. Sentite il lezzo di questi messaggi: «Astaroth verrà evocato da noi. Allora tremerete!». «Oh grande potere perso, torna a me col serpente, brucia la loro casa, consuma i loro corpi con la malattia. Astaroth vi punirà. Noi vi sacrificheremo al nostro unico padrone, al quale abbiamo dato il nostro sangue». Sono goliardate fantasiose un po' horror di ciarlatani o vere e proprie evocazioni sataniche fatte dai «figli di Belial», come la Bibbia chiama maghi e streghe? Cristo Gesù è «disceso agli inferi». Lo proclamiamo nel Credo più antico che conosciamo. Nell'ultimo segmento del suo ministero terreno - durante la sepoltura - Egli porta a termine la sua opera di evangelizzazione e di liberazione nelle solitudini demoniache. Lui, «il più forte», scende agli inferi, entra nella casa del «forte» e gli strappa il bottino. La sua vittoria ci riguarda e ci coinvolge. Il «Ministero dell'Esorcismo» prolunga l'evento pasquale di Gesù Cristo, quando abbiamo il coraggio di scendere nell'inferno dei nostri fratelli per donare anche a loro il Vangelo. Non è questione di esorcismi rituali, che pure celebriamo vigorosamente, quanto di annunciare e accogliere Lui nelle situazioni infernali dell'esistenza. Questa raccolta ragionata di esperienze e di pezzi di vita vissuta mira a dare speranza. A quanti sono tribolati dal Maligno e a chi ha il compito e il dono di aiutarli a nome della Chiesa. Liberandoli, o accompagnandoli perché possano approdare ai vertici della santità. Come la Beata Eustochio o San Giovanni Calabria. Possessioni, ossessioni, vessazioni e infestazioni, sofferenze e povertà, privazioni e persecuzioni, sono occasioni di santificazione, se accettate coraggiosamente. Perché Cristo ha vinto la morte, il peccato e il Maligno. Se non facciamo l'esperienza della disperazione e della perdizione - almeno per un attimo - non sappiamo cosa significhi salvezza. La salvezza la si conosce quando si è perduti, la liberazione la si conosce quando si hanno addosso le catene e ci si trova rinchiusi in un carcere senza via di uscita; la guarigione la si conosce quando si è malati a un passo dalla morte. Non si può conoscere la risurrezione se prima non siamo entrati nel buio della morte. Non si può conoscere il paradiso se prima non si è conosciuto l'inferno (don Silvio Zonin).
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