Il mito di Garibaldi. Una religione civile per una nuova Italia
A 150 anni dall'unificazione politica italiana il mito risorgimentale, su cui si fonda la storia dello Stato nazionale, non è entrato a far parte della memoria collettiva degli italiani. Se l'Unità, evento di carattere politico reso necessario dalle difficoltà di convivenza insorte fra gli Stati europei in età moderna, che rendevano ardua la sopravvivenza dei piccoli Stati, ha trovato consensi, pur di natura eterogenea, il Risorgimento, processo culturale mirante a «modernizzare» la millenaria identità del Paese, non ha raggiunto lo scopo di separare l'Italia dal suo ethos tradizionale cattolico. L'opera di unificazione ideologica è fallita e la costruzione della nuova Italia ha colpito un elemento primario della «nazionalità spontanea» degli italiani, cioè il senso di appartenenza religiosa. L'omogeneizzazione delle istituzioni e la creazione di un forte Stato centralista hanno aperto due ulteriori ferite, una di natura politica e istituzionale, la cosiddetta Questione Settentrionale, e l'altra di carattere più culturale che economico, nota come la Questione Meridionale, con effetti che si fanno sentire ancora oggi. Garibaldi è stato protagonista attivo anche del Risorgimento, contribuendo a diffondere un'ideologia relativista e laicista e a porre le basi di una liturgia civile totalmente svincolata da una tradizione religiosa specifica e alternativa rispetto alle radici cristiane e allo stretto rapporto con la Chiesa cattolica che ha sempre caratterizzato la vita della nazione.