Reale albergo dei poveri
Nel dicembre 1995, il centro storico di Napoli viene inserito nella Lista del patrimonio Mondiale dell'UNESCO. Tre anni dopo, nel dicembre 1998, il Sindaco di Napoli Antonio Bassolino nomina il gruppo di lavoro per il recupero e la rivitalizzazione del Reale Albergo dei Poveri e nel settembre dell'anno seguente illustra con il Direttore Generale dell'UNESCO Federico Mayor il progetto di restauro approntato. Progettato nel 1751 dall'architetto fiorentino Ferdinando Fuga, su incarico di Carlo di Borbone, l'Albergo dei Poveri avrebbe dovuto raccogliere e rendere produttiva l'enorme massa di indigenti che affollava le vie della città partenopea. Un'ospitalità coatta basata sulla ferrea divisione per sesso e per età dei circa ottomila poveri che avrebbero dovuto abitare la mastodontica architettura sociale: un lunghissimo edificio a pianta rettangolare, misurante seicento metri in lunghezza e centocinquanta in larghezza, composto da cinque corti in linea di cui una, quella centrale, avrebbe dovuto accogliere una chiesa caratterizzata da quattro navate disposte a X. Le caratteristiche di questo innovativo e razionale impianto architettonico avrebbero precluso la pur minima condizione di promiscuità. In effetti l'edificio non ha mai funzionato secondo il complesso programma distributivo predisposto da Fuga: l'Albergo dei Poveri è infatti un'architettura interrotta. L'edificio realizzato misura solo 384 metri di lunghezza e si compone solo di tre corti in linea. L'Albergo dei Poveri di Napoli è un'inquietante architettura che, oltre l'algida facciata principale affacciantesi su piazza Carlo III, si presenta come una sorta di rudere archeologico mutilato orizzontalmente e verticalmente, rispetto alla sua struttura originaria, un edificio bifronte, finito sul prospetto principale e non finito sul fronte posteriore, concretizzazione architettonica di un'utopia progettuale ideata nel secolo dei lumi.
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