Mida o lo schermo nero
Un uomo ricco e potente, abituato a dar scacco matto a industriali, principi e governi, rifiuta la proposta di Achmed Ismali, ingegnoso saudita, altrettanto ricco e potente, trafficante di armi e tecnologie. Richard Green rifiuta per non "rompere le uova nel paniere agli americani". Conseguenza: scandali a catena, fallimenti, altri delitti. Soprattutto, da quel momento, sulla sua testa c'è una taglia. Alle sue costole due killer. Friedrich Durrenmatt siede nella saletta buia, in mano un bicchiere di Bordeaux. Sullo schermo, scene della vita di Green, spot pubblicitari, carestie. In sala, accanto allo scrittore, il protagonista, o meglio i suoi diversi interpreti, interrogano il loro creatore, giudice e boia del loro futuro. Proiettati in un'azione in cui sono semplici ombre, schiavi del copione, manifestano il proprio dirompente bisogno di vivere. Un racconto che presenta al mondo il conto (un mondo che ha deciso di "abbandonare qualsiasi ragione in favore di semplici pretesti") con grande anticipo, rara lungimiranza. Un racconto cinematografico: struttura inizialmente sghemba, folgorazioni che seminano indizi, poi corsa magnetica verso il finale.
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