Pesca alla trota in America

Pesca alla trota in America

Potreste leggere "Pesca alla trota in America" in un giorno di pioggia, a seimila miglia di distanza dalla statua di Benjamin Franklin, in Washington Square, a San Francisco, e averne una nostalgia infinita. Potreste acquistare qualche metro di torrente in saldo e pescare a casa vostra: trote iridee, temoli, perfino trote gobbe. Mentre quelli della sesta classe si divertono a scrivere Pesca alla trota in America sulla schiena dei primini, potreste risalire un torrente in California o nell'Idaho, e incontrare Pesca alla trota in America che chiacchiera con uno scrittore, e sorride a sua figlia che gli infila sassolini colorati in tasca. "Pesca alla trota in America" è un alberghetto gestito da cinesi piuttosto ambiziosi, vicino all'incrocio fra la Broadway e la Columbus: non fate caso se l'ingresso sa di lisoform e non fate caso alla tappezzeria; se anche la cambiano in continuazione, non si distingue la nuova dalla vecchia. Non fatevi scoraggiare dal diario di Alonso Hagen, solo perché si capisce che in centosessanta uscite a pesca ha perso più di duemila trote: non è quello il punto. Opera manifesto della controcultura dei tardi anni Sessanta, "Pesca alla trota" è un puzzle di racconti e punti di vista. Ma rappresenta anche una specie di vivisezione di molti luoghi comuni dell'immaginario popolare americano. Brautigan sceglie di partire dalla pesca, poggiando su una tradizione consolidata anche nella narrativa. Il torrente di Brautigan si trasforma in una specie di oggetto di seconda mano.
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