Due biglietti di sola andata
Due modi diversi di non ritorno, da una città lontana, Montevideo, approdo, rifugio, che un amico sceglie fuggendo deciso a non rivedere più la terra di nascita; e, per l'altro, da un luogo ancora più remoto, agli estremi confini dell'universo e della vita, da dove, si dice, nessuno mai è venuto indietro. La traccia di questo itinerario, parallelo e divaricato, sembra muovere da una stazione della metropolitana milanese, da un breve incontro, gestito insieme dal caso e dal destino, uno di questi nostri giorni, soffocati dal confuso sciupio dell'uomo e delle cose. Ma le strade non conoscono interruzioni; il solo inizio rilevabile è il loro termine, il punto di arrivo, e quando si possa invertire la marcia: anche per Berto e Gino la storia era iniziata prima, una lontanissima notte, dopo la dispersione dell'8 settembre: quando era andato in scena un delitto, inavvertito, forse sognato, ma che li avrebbe tenuti insieme, nella opposta fuga dentro la loro guerra civile, e per i giorni e gli anni del dopo. Il comune segreto li chiamava spesso, ciascuno dalla sua lontananza, a soste di rimorso, a dialoghi di assenza e silenzio. E una trama di battute, ritmate dalla tensione della scrittura, da forma ora all'intreccio, lì dove la storia sembra iniziare: continue parole a rimando, in un colloquio dominato dalla voce di Berto, che simula ricatti, separa e allontana l'interlocutore Gino, tenendogli nascosto il senso profondo del violento messaggio.
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