Shakespeare in Europa
Shakespeare non è proprietà esclusiva della letteratura inglese, bensì è al vertice del canone letterario europeo. Seppure da prospettive differenti, su questo punto c'è stata una convergenza unanime degli studiosi che hanno partecipato alla giornata di studio "Shakespeare in Europa", organizzata dal corso di laurea in lingue e letterature straniere dell'Università Suor Orsola Benincasa e dal Goethe Institut di Napoli. Se, dunque, è incontestabile che Shakespeare si declina al plurale nello spazio e nel tempo, tuttavia - come suggeriscono i contributi raccolti - l'Europa, sia la 'vecchia' che la 'nuova', si configura in una geografia storicopolitica capace di contenere, ordinare e ri-generare le tensioni centripete e centrifughe del testo shakespeariano. Si tratta di una relazione biunivoca: come l'Europa accoglie Shakespeare, così Shakespeare accoglie l'Europa. "Hamlet", in particolare, è presentato dall'autorevole studioso berlinese di Shakespeare, Manfred Pfister, come il caso paradigmatico di questa speciale interconnessione culturale. Se, inoltre, alcuni interventi dimostrano che, per il passato, sono state cruciali le traduzioni sette-ottocentesche di Shakespeare nella formazione dell'identità nazionale di singoli Stati europei (la Germania prima di tutti), altri, invece, per la contemporaneità, osservano che la pluralizzazione di Shakespeares tende, in parte, a, disporsi in una rete di significati in cui la nuova Europa si può rispecchiare e ripensare creativamente. E' il caso delle vicende testuali e delle riscritture soprattutto di "Julius Caesar" e di "The Tempest" in cui Cesare della storia e Prospero della fiction mantengono viva la riflessione sul governo dello Stato e il governo delle passioni.
Momentaneamente non ordinabile