Hotel nomade
"Sono stato in molti hotel negli ultimi 50 anni. Ho costruito un hotel nella mia mente che è povero e ricco, che è terzo mondo e primo mondo. Ho un numero infinito di stanze, e in ognuna di queste stanze ho scritto qualcosa perché ho lavorato molto viaggiando" ama dire l'autore a proposito di questa raccolta. Entriamo con lui nelle stanze più disparate. Ce n'è per tutti i gusti, dal Mali alla vigilia dell'ennesimo sconvolgimento politico ai dilemmi della Bolivia, dal Marocco sahariano, alle meditazioni sul movimento, sul tempo, su come si rappresentava il mondo e su numerosi altri argomenti, con citazioni dotte che vanno da Pascal a Borges passando per Baudelaire. Nooteboom afferma di soffrire di una "totale mancanza di memoria", e questo in effetti potrebbe spiegare perché solo ogni tanto riaffiorino immagini giovanili e perché i suoi alberghi preferiti gli facciano sentire "l'odore di tempi svaniti". Nelle riflessioni filosofiche, interessanti e stimolanti, è soprattutto il concetto di tempo ad appassionarlo. Lo stile è sobrio e fluido, talvolta persino elegante e le frasi non di rado sono dotate di una loro peculiare sottigliezza. Che cosa unisce questi scritti? Non è azzardato definire il suo viaggio una sorta di pellegrinaggio interiore. Non è certo un caso che l'autore nel primo saggio di questa raccolta si soffermi su una particolare definizione del concetto di pellegrinaggio (qualcuno poi gli ha fatto notare che i monaci non mancano mai nei suoi libri). Il suo è un viaggio volto alla ricerca di sé stessi attraverso la meditazione, al desiderio di conoscere l'altro, il mondo che è fuori di noi. Ma è poi questa un'impresa davvero possibile? sembra chiedersi l'autore ogni tanto. Un libro dedicato ai viaggiatori, a chi intende il viaggio non come fuga, ma come strumento di conoscenza di sé.
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