Stranieri a noi stessi
Rachel Aviv ha solo sei anni quando viene ricoverata con una diagnosi di anoressia. Passano poche settimane e Rachel, quasi per caso, ricomincia a mangiare. L’anoressia rimane un capitolo chiuso, una parentesi. Ma che cosa sarebbe successo se – come le sue compagne di reparto già adolescenti – anche lei avesse iniziato a pensare a se stessa nei termini della malattia diagnosticata? Pluripremiata penna del New Yorker, acclamata per la sua capacità di unire lo sguardo della reporter di talento all’empatia della grande scrittrice, Aviv raccoglie cinque storie di coraggio e resistenza, di tenacia e ribellione, di libertà. Vediamo Ray dar fondo ai suoi risparmi alla ricerca di un equilibrio che forse non esiste. Lottiamo con Laura, determinata a non lasciarsi incasellare dalla famiglia nel ruolo di all-American girl. Fuggiamo insieme a Bapu dal marito che le è stato imposto per raggiungere quello che lei ha scelto, il dio Krishna: per lui compone poesie, per lui è disposta ad abbandonare i figli. Aviv prova a fare luce sulla forza sempre sottovalutata che le narrazioni esercitano su una cosa fragile e malleabile come la mente umana, perché in ogni vita sono racchiuse possibilità infinite, e l’identità è molto più sfuggente e complessa di quanto immaginino le nostre intelligenze e la nostra medicina. Se dotate di sufficiente forza persuasiva, le idee, le aspettative o anche le diagnosi possono da sole trasformare un’esistenza in un inferno. E se questo è vero, forse dovremmo impegnarci nel creare storie che ci aiutino a trovare scampoli di felicità o, quanto meno, a scampare alla follia.