Il serpente
Scritto a 22 anni e fin'ora inedito in Italia, Il Serpente è il romanzo di esordio che consacrò Stig Dagerman come uno dei giovani autori di maggiore talento della sua generazione. «Il serpente è ovunque, trattenuto dal seducente gioco a nascondino in cui, con estro spietato, è costantemente impegnata la prosa di Dagerman, preso nel balletto delle ripetute dissimulazioni, nella fittissima rete di metafore per cui ogni cosa appare è un'altra cosa» - Alessandra Iadicicco, la Lettura «Una storia di guerra, una metafora dell'assurdo» - Leonardo G. Luccone, Robinson Quando nel 1945 Stig Dagerman pubblicò Il serpente fu accolto dalla critica come l'enfant prodige della letteratura svedese per la sua sorprendente modernità e la sua prosa potente e precisa. Scritto durante la Seconda guerra mondiale e ambientato in una Svezia nervosamente neutra in allerta militare, Il serpente riflette tutta la sensibilità dell'autore per l'inconscio, la giustizia sociale e la psicologia della paura. In un primo momento Il serpente sembra essere una raccolta di racconti fino a quando, in un brillante sviluppo della narrazione, le diverse storie si uniscono per rivelare le strutture tematiche sottostanti. Stig Dagerman scrive con uguale abilità dal punto di vista dei vari protagonisti, e attraverso di loro riesce a capire l'abisso dell'ansia e della paura sia dei soldati che della gente comune. Ed è sempre il serpente la materializzazione di questa paura: c'è il serpente catturato da Bill, un soldato di seconda classe che lo usa per imporsi su coloro che lo circondano; c'è il serpente che, riportato da uno dei soldati nella caserma, fugge dalla sua prigione e diffonde il terrore nella manciata di uomini che sono rimasti in questo immenso edificio polveroso e vuoto dopo la partenza del reggimento. In linea con la ferma convinzione della necessità etica (e politica) di non cedere a nessuna forma di consolazione, e soprattutto di fiducia nel futuro – un'idea faticosamente portata avanti in tutte le sue opere successive – Stig Dagerman sostiene la necessità di affrontare l'ansia direttamente, con la consapevolezza e l'introspezione, perché forse «questa è l'unica opportunità che abbiamo di mettere alla prova noi stessi».