Paradosso e controparadosso

Paradosso e controparadosso

Scritto nel 1975 da un'équipe di psichiatri e psicoanalisti in rotta con l'ortodossia psicoanalitica, "Paradosso e controparadosso" presentava al pubblico il lavoro del Centro per lo studio della famiglia di Milano, fondato da Mara Selvini Palazzoli nel 1971. Il "gruppo di Milano" diventerà famoso per l'adozione del modello sistemico come strumento terapeutico: i pazienti gravi si devono curare non solo individualmente ma coinvolgendo le loro famiglie. Il termine 'paradosso' fa riferimento a una forte provocazione rivolta al cosiddetto 'paziente designato', una provocazione basata sul sottolineare in modo credibile il suo 'sacrificio' per la famiglia. Tale provocazione comporta un effetto di disorientamento sul paziente, pieno di rabbia verso i propri familiari, inducendo un suo cambiamento comportamentale immediato. La provocazione paradossale è però anche una valorizzazione del paziente, in quanto ne combatte l'identità di malato per sottolinearne la parte competente e attiva: un intervento coerente con i modelli della psichiatria antimanicomiale. La terapia sistemica ha inoltre aperto nuove strade al di là del livello puramente verbale su cui ha in prevalenza agito la psicoterapia. Prescrivendo alla famiglia dei 'rituali', cioè azioni simboliche, cariche di emotività, si favorisce un tipo di cambiamento in cui una nuova visione di sé e degli altri scaturisce dal fare prima che dal pensare. Oltre a segnare una tappa storica della sperimentazione in psicoterapia, "Paradosso e controparadosso" non manca di attualità, dato che il tema del come aiutare i pazienti gravi rimane al centro dell'attenzione nelle terapie dei più diversi orientamenti. Con un saggio introduttivo, "'Paradosso e controparadosso' oggi: il senso di una riedizione", di Pietro Barbetta.
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