Una possibilità del linguaggio. Pierre Menard come metodo
«Le idee più preziose vengono trovate per ultime», scrive Nietzsche. «Ma le idee più preziose sono i metodi». In questi saggi Alfredo Zucchi trae da Pierre Menard - il celebre personaggio di Jorge Luis Borges che, com'è noto, intende riscrivere verbatim il Don Chisciotte - lo spunto per posare uno sguardo paradossale sul segno letterario. Il metodo di Menard instaura infatti tra il soggetto osservante e l'oggetto osservato un'indistinzione esasperata e tuttavia alienante, talché l'uno e l'altro diventino, insieme, prossimi e incolmabilmente distanti. Così, nel saggio che apre il libro, un confronto serrato con il testo di Michel Foucault La follia, l'assenza d'opera mette in luce i legami tra una certa esperienza della follia e la letteratura fantastica d'impronta borgesiana. Questi legami investono il movimento del linguaggio che implica se stesso e si sdoppia, denudando le sue interne e inesplorate cavità. Di associazione in associazione, da Mallarmé a Borges, da Ricardo Piglia a Danilo Kis, da Julio Cortázar a Nietzsche e Furio Jesi, l'indagine dell'autore approda al confronto con l'opera di Roberto Bolaño. L'ossessione del vuoto percorre tutti i saggi e finisce con un congedo umoristico: quando, in Specchio riflesso, Zucchi tenta un consuntivo del metodo di Pierre Menard scopre un conflitto insanabile, comico e tragico al tempo, tra il segno letterario e il soggetto che, enunciandolo, semplicemente lo veicola nell'illusione di esserne l'Autore.