Raccontare e conoscere. Paradigmi del sapere nelle forme narrative
«La questione del contenuto conoscitivo dispensato dalla letteratura rimanda, prima di tutto, ai dispositivi formali del discorso. Quanto scrive Frank Salaün a proposito di Prévost ha un'applicabilità generale: "...il pensiero dell'autore si esprime non a colpi di tesi e di argomenti, ma attraverso la strutturazione stessa del racconto e l'orchestrazione di alcuni temi che sono anche delle domande". Il che non significa che il testo letterario, insieme alle "forme", non esibisca anche dei "contenuti" - sempre problematici e quasi sempre in polemica con i valori ufficiali -, ma solo che il "sapere" di un testo letterario non può prescindere dal lavoro di rappresentazione svolto dalle sue strutture narrative, descrittive e riflessive. Certamente la letteratura, sul piano semantico, può "insegnare" delle cose, può fornire elementi per smascherare, demistificare, denunciare, distinguere. E quasi sempre lo fa, quando è buona letteratura. Dal punto di vista di cosa la letteratura può darci come incremento di conoscenza, almeno nella concezione moderna, resta valido l'assunto secondo cui l'opera letteraria esprime un punto di vista peculiare, nuovo, assolutamente soggettivo (gli occhiali di Proust) e come tale ci obbliga a rivedere il nostro punto di vista più o meno sclerotizzato sul mondo. È in fondo la nozione sklovskijana di straniamento che permette di interrompere una routine percettiva...» (Gianni Iotti)
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