L' «autodichia» delle Camere nella giurisprudenza costituzionale
L'autodichia è il potere, conferito ad alcuni organi supremi dello Stato, di giudicare presso di sé i ricorsi presentati avverso gli atti d'amministrazione da essi medesimi posti in essere, in deroga alle norme che disciplinano in via generale le competenze degli organi giurisdizionali. Infatti, ciò che desta dubbi sulla legittimità o meno dell'autodichia, è il fatto che i ricorsi, presentati dai dipendenti o dai terzi, awerso gli atti e i prowedimenti adottati dall'amministrazione, sono giudicati, anziché da un organo giurisdizionale, da organi della stessa Camera. Ciò ha determiato una spaccatura fra dottrina e giurisprudenza, nel senso che mentre la prima ritiene che tale fenomeno non sia legittimo poiché violerebbe i principi della Carta fondamentale, anche in tema di giurisdizione, la giurisprudenza, viceversa, tende a salvaguardare l'autonomia e l'indipendenza dell'istituzione del parlamento ritenendo l'autodichia legittima, poggiando, in particolare, tale assunto sulla non ingerenza nell'istituzione parlamentare di altri poteri. Tale prerogativa, denominata anche "giurisdizione domestica", è riconosciuta, nel vigente ordinamento italiano, ad alcuni organi costituzionali: alle Camere, alla Corte Costituzionale e, secondo giurisprudenza recente, alla Presidenza della Repubblica. La potestà di autodichia non è riconosciuta, invece, all'organo costituzionale Governo. La presente Opera analizza i molteplici profili d'interesse dell'autodichia ed in particolare, dopo una trattazione storica nella prima parte, particolare attenzione viene dedicata all'analisi comparatistica, nel secondo capitolo, tra autodichia interna al nostro ordinamento e l'autodichia in alcuni Paesi europei. La finalità è di fornire al lettore spunti utili per approfondire ulteriormente l'argomento in disamina.
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