La dittatura dei dati

La dittatura dei dati

Sanno cosa compri. Sanno chi sono i tuoi amici. Sanno come manipolarti. Settanta like erano sufficienti per sapere di quella persona più di ciò che sapevano i suoi amici; centocinquanta like più di quello che sapevano i suoi genitori; trecento like più del suo partner. Oltre i trecento si era in grado di conoscere un individuo meglio di quanto conoscesse se stesso. Quando Brittany Kaiser, giovanissima consulente politica appena laureata in diritti umani e relazioni internazionali, si è seduta per la prima volta a un tavolo con Alexander Nix, il carismatico capo della neonata società di analisi dei dati Cambridge Analytica, era convinta che le informazioni raccolte attraverso gli smartphone, i social media e le abitudini di navigazione online che permettono l’identificazione e la targettizzazione delle persone sarebbero state usate a fin n di bene. Ma ha dovuto ricredersi. Quella che era iniziata come un’improbabile, seppure stimolante, esperienza di lavoro – una democratica liberale come lei che accettava di lavorare per una società che aveva Steve Bannon nel consiglio d’amministrazione e politici repubblicani tra i suoi clienti – ha iniziato ad assumere i contorni di un incubo quando i suoi sforzi per costruire un’azienda rivoluzionaria, che applicava la scienza dei dati e l’analisi psicografica al settore della consulenza politica, sono culminati prima nell’elezione di Donald Trump a presidente e poi nella vittoria dei sostenitori della Brexit. Solo allora Kaiser ha capito fino a che punto la mancanza di regole nell’industria dei big data fosse diventata un pericolo per la privacy delle persone e per la democrazia in tutto il mondo. E quanto sottile e occulta fosse in realtà la minaccia se persino lei, che in quel mondo ci stava da sempre, era stata targettizzata e manipolata dalle persone per cui lavorava. Ma forse cambiare era ancora possibile... La dittatura dei dati è un resoconto dettagliato, lucido e onesto in cui Kaiser, ripercorrendo le tappe fondamentali degli anni in cui ha lavorato per Cambridge Analytica, rivela le spregiudicate pratiche digitali attraverso cui l’industria dei big data influenza e manipola le persone, facendo leva sulle loro paure e insicurezze per modificare il loro comportamento abituale. Ma è anche un’acuta analisi di come l’utilizzo dei dati comportamentali abbia cambiato per sempre la politica, una riflessione sulla scarsa consapevolezza con cui permettiamo che i nostri dati personali vengano usati contro di noi, e soprattutto un accorato appello a rafforzare il nostro spirito critico, a riprendere il controllo delle informazioni che scegliamo di condividere e a proteggere, così facendo, il nostro futuro.
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