Marcel Marceau. La poetica del gesto
Le origini del teatro risalgono al 500 a.C, ai riti religiosi dell'antica Grecia. Il mimodramma risale a Teocrito, alle rappresentazioni di vita popolare, alle feste in onore del Dio Dioniso nel corso delle quali si iniziò a far uso della maschera. Gli antichi romani mimavano situazioni politiche inventando pantomime satiriche. Anche nella città di Atella si sviluppò un genere muto, la farsa atellana con tipi fissi, antenati degli stereotipi della Commedia dell'Arte o Teatro degli Zanni. Il capostipite della famiglia degli Zanni fu il servitore Arlecchino. Nella cinquecentesca Commedia dell'Arte il volto era coperto da una maschera capace di fissare la tipologia del personaggio. Disegnato da Deburau nel 1665 scenderà sulla scena il malinconico Pierrot che come i suoi predecessori, sarà eternamente innamorato e respinto. A partire da Molière, l'uso della maschera andrà via via modificandosi sino a sparire per lasciar spazio all'espressività del volto, al carattere. Con Carlo Goldoni fiorirà la Commedia di carattere. Nel '900 sarà Charlie Chaplin ad aprire un importante capitolo sull'arte del mimo. Vagabondando tra le strade londinesi degli anni venti, ecco il suo eroe romantico di nome Charlot, disperato e solo. Etienne Decroux nella sua grammatica gestuale coprirà il volto con un velo per lasciar parlare soltanto la massa corporea. Per il suo discepolo Marcel Marceau invece il viso e le mani rappresenteranno le colonne portanti dell'eloquenza gestuale come nelle tecniche orientali...
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