Cercando l'umanesimo tra gli intellettuali e i popoli del mondo
Gli autori indagano sulla nuova dimensione assunta su scala mondiale dalla voce Umanesimo, anzi meglio Nuovo Umanesimo, usata in modo abbastanza ricorrente in questo XXI secolo. Si chiedono se sia leggibile con riferimento ai contesti d'origine che risalgono all'epoca medioevale e rinascimentale, e contestualmente se sia lo strumento culturale per affrontare gli avvenimenti felici e drammatici che si verificano in tutte le aree del pianeta. In sintesi, si può trovare un filo conduttore per "avvicinare" l'Umanesimo della città ideale di Leon Battista Alberti e della Città del Sole di Tommaso Campanella alle metropoli estremamente complesse e confuse, dove coesistono enormi insediamenti slum privi delle essenziali necessità del vivere? Ragionando sulle tante specificità, la ricerca mette a fuoco due concetti, per molti aspetti diversi tra loro, ma accomunati dalla centralità dell'uomo, come interprete della storia, della cultura, del bene comune, della povertà e dell'emarginazione: l'Umanesimo, fondato sullo studio dei classici greci e latini, e degli altri popoli di antichissima tradizione che oltre le espressioni letterarie, artistiche e musicali, ha guidato la cultura italiana, europea e mondiale per molti secoli, ritagliandosi un importante "scaffale" nelle biblioteche umanistiche delle università e dei centri specializzati; l'Umanesimo della gente, fondato sull'incontro e sulla contaminazione dei popoli necessari per costruire beni comuni riferiti, in grande, ai valori planetari della natura, e in piccolo, a quelli della famiglia e delle comunità di villaggio, tenendo presenti i fattori generativi, intellettuali e identitari.
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