Stromboli. Dove la scuola è un'isola
«La prima regola che ho imparato affrontando i nodi teorici dell'antropologia culturale, così come essi, nella fase del metodo, si sono rivelati sul campo, è che avrei dovuto essere disposta a plasmare le mie conoscenze in accordo con i fatti che andavo registrando e, ancor più, considerare questi fatti come unico sostegno al mio agire. Non è stato semplice, soprattutto perché attraverso l'osservazione e l'interpretazione dell'esperienza che andavo via via maturando, divenivo sempre più consapevole di quanto l'offrirmi agli accadimenti e al susseguirsi delle scoperte componesse una costante esplorazione simbolica del me attraverso 1' altro e di come questo mi costringesse a percorrere strade inedite del mio agire per poter costruire i luoghi praticabili per le mie relazioni. Da tutto questo può essere compresa l'angolazione dalla quale ho operato la mia osservazione dei fatti qui raccontati: gli incontri che ho avuto la fortuna di costruire in questi anni con gli strombolani si sono sempre definiti necessariamente come miei rischi identitari, che in alcuni casi hanno richiesto anche l'audacia del rischio della vita, ma ad essi mi sono affidata, da essi mi sono pian piano lasciata addomesticare accettando di assumerli come occasione per contenere il mio bagaglio teorico, pur con le inevitabili contaminazioni culturali che sollecitavano costantemente il mio adattamento alla pratica del luogo. In questi termini, il racconto di questo viaggio va interpretato come la costante elaborazione della mia capacità di produrre senso, un nuovo senso del me: ogni incontro, infatti, si è definito nei termini indicati delle mie scoperte intellettuali, costretta, come sono stata, a forzare, al limite della rottura, l'ordine costruito dal mio pensiero, fino al rischio dello spaesamento emotivo e mentale, che è premessa indispensabile per realizzare un nuovo ordine e verificare il comprendersi come possibili altri da sé. Scrivo spaesamento perché questo è concetto che interpreta quella condizione di rischio che gli esseri umani sperimentano quando perdono i riferimenti domestici - culturalmente controllabili -, quando, cioè, smarriscono l'ordine della propria dimensione esistenziale e vivono l'esperienza devastante dello sradicamento, incapaci di agire e dar senso a quel qui ed ora, che mette in crisi la loro stessa presenza. Ma è stato fortemente suggestivo interpretare il mio viaggio come questo andare fuori dalla mia ordinaria quotidianità, come questo prendere coscienza del definirsi della tensione fisica e mentale del mio agire, perché questo viaggio, che ha posto in discussione l'ordine costruito dal pensiero, ha provocato, si, smarrimento, spaesamento e disordine, ma, pur componendosi come condizione rischiosa, si è poi definito come premessa necessaria per la realizzazione di un nuovo ordine e di sempre nuove, irrinunciabili occasioni.» (Loredana Farina)
Al momento non disponibile, ordinabile in 3 settimane circa