Hegel e la Germania. Filosofia e questione nazionale tra rivoluzione e reazione
La maturità di Hegel cade nel periodo di più profonda umiliazione della Germania, invasa dagli eserciti del paese che, con la rivoluzione del 1789, aveva promesso la “fraternità” tra le nazioni e la pace perpetua. Sull’onda della delusione di massa e della conseguente “crisi dei miti”, si sviluppa un movimento che, nel condannare l’occupazione napoleonica, tende a respingere come estraneo all’anima germanica tutto il patrimonio culturale e politico proveniente da Oltrereno. Confrontandosi con queste tendenze, nelle quali l’aspirazione progressiva all’indipendenza e la mobilitazione popolare si mescolano a un atteggiamento fondamentalista di chiusura che finirà per convergere con la Restaurazione, pur tenendo fermo il diritto all’autodeterminazione e pur cogliendo la novità di questa inusitata costellazione di forze, il filosofo si batte con la sua “politica culturale” per ridare diritto di cittadinanza in terra tedesca alle idee della rivoluzione francese e alle conquiste della modernità. Si trattava di promuovere su tali basi il superamento dei retaggi feudali e il rinnovamento politico e nazionale del proprio paese e della sua struttura statale. Nel ripercorrere tappa per tappa l’evoluzione di Hegel, Losurdo la inserisce nell’affresco di un appassionato dibattito che vede intervenire i grandi filosofi e i grandi intellettuali (Fichte, Schelling, Schleiermacher, Goethe, Jacobi, Herder, Savigny, Heine, i fratelli Schlegel, ecc.), i protagonisti della vita politica del tempo, gli autori minori. L’immagine di uno Hegel conservatore, tuttora radicata nella storiografia filosofica, ne risulta completamente rovesciata. Prefazione di Stefano G. Azzarà.
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